Dovete sapere che i cambiamenti patologici che l’Alzheimer provoca nel nostro cervello non sempre si traducono nel comportamento patologico direttamente corrispondente.
Il nostro cervello possiede delle riserve, grazie alle quali mette in atto una serie di processi che lo aiuterebbero a far fronte e contrastare gli effetti delle perdite che una malattia o un danno potrebbero causargli.
In un famosissima ricerca del 2003, 678 suore (tra i 75 e i 107 anni) furono seguite per 20 anni per studiare le cause dell’Alzheimer, eventuali fattori di prevenzione e, più in generale, i cambiamenti fisici e mentali ai quali si va fisiologicamente incontro durante l’invecchiamento sano.
A rendere la ricerca ancora più precisa fu la possibilità di studiare i cervelli di queste donne non solo in vita, attraverso dei test con i quali venivano valutate le loro abilità cognitive, ma anche dopo la morte (per loro concessione), permettendo così, attraverso l’esame autoptico, di verificare la presenza di eventuali segni neuropatologici (lesioni, quadri dementigeni…).
I casi più sorprendenti furono quelli di due suore, Matthia e Bernadette: i cervelli delle due donne, all’autopsia, presentavano i segni tipici di una demenza, in fase anche piuttosto avanzata, ma in vita non ne avevano mai manifestato i sintomi, ottenendo ai test punteggi addirittura sopra la norma.
Una possibile spiegazione di questi risultati apparentemente discordanti potrebbe essere attribuita a fattori individuali, sociali ed ambientali che occorrono durante l’arco di tutta la vita e che favoriscono il formarsi e l’ampliarsi delle riserve di cui parlavamo prima.
Praticare attività fisica, avere degli hobby, dedicarsi ad attività mentalmente stimolanti, impegnarsi nel sociale (magari facendo del volontariato), praticare attività spirituali, seguire un corretto stile di vita sono tutti aspetti controllabili e coltivabili, sui quali puntare durante tutta la nostra vita per costruirci quante più riserve possibili e per provare a garantirci, quindi, un invecchiamento sano.
Tutto ciò che il cervello “accumula” durante queste esperienze può poi sfruttarlo là dove sia necessario contrastare o compensare un processo patologico, perché questo materiale “messo da parte” sarà ancora funzionale e quindi reinvestibile, da usare in alternativa a ciò che invece non funziona più tanto bene o affatto.
Provate adesso voi a fare una stima della riserva che potreste avere accumulato in questi anni, riflettete su questi punti e se doveste notare di essere stati poco attivi in qualche area cercate di impegnarvi di più.
Quante volte alla settimana vi dedicate a queste attività?
- Lettura di giornali e settimanali
- Attività domestiche
- Guidare
- Attività nel tempo libero
- Utilizzo di strumenti tecnologici
Quante volte al mese vi dedicate a queste attività?
- Attività sociali
- Cinema, teatro…
- Giardinaggio, bricolage, lavoro a maglia, cucito, ricamo…
- Badare a nipoti, parenti anziani, animali domestici
- Volontariato
- Attività artistiche (musica, disegno, scrittura…)
E ancora…
- Quanto spesso andate a mostre, concerti, conferenze?
- Quanto viaggiate?
- Quanti libri leggete in un anno?
Nel caso voleste farsi un’idea più dettagliata, a questo link potete trovare la versione digitale di un questionario, il CRIq, che consente di valutare in maniera precisa la riserva cognitiva di un individuo. Verranno raccolte informazioni sul vostro percorso scolastico, sull’attività lavorativa e sulle attività svolte durante il tempo libero.
Alessia Sassano
FONTI
- https://www.cognitivereserveindex.org/
- https://it.wikipedia.org/wiki/Riserva_cognitiva
- De Beni R., Borella E. “Psicologia dell’ invecchiamento e della longevità” Il Mulino (2015)
- Nucci, M., Mondini, S., & Mapelli, D. “Cognitive Reserve Index (CRI). Un questionario per la valutazione della riserva cognitiva.” Giornale Italiano di Psicologia (2012)
- Nucci, M., Mapelli, D., & Mondini, S. “The cognitive Reserve Questionnaire (CRIq): a new instrument for measuring the cognitive reserve.” Aging clinical and experimental research (2012)
- Snowdon D.A. “Healthy aging and dementia: findings from the Nun Study” Ann Intern Med. (2003)